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Gennaro Fusco è nato a Napoli, il 14 marzo del 1960 e vive ad Agnano, in alto, tra le campagne, sulla terra arida e luminosa della Solfatara. 

 

Ha viaggiato, ma non quanto avrebbe voluto. Ed è stato proprio il viaggio il primo approccio con la fotografia. Nel suo Diario che, in parte, riporto di seguito, viene descritto il suo incontro con la passione che lo accompagnerà sempre. Il finestrino del treno che lo porta in Svizzera diviene la cornice delle sue fotografie…Da bambino aveva un carattere delicato, compensato dal grande affetto per suo padre Antonio, operaio della Cementir, uomo solido, roccioso, che si è preso cura della famiglia con abnegazione fino a quando non si è spento, nel 2013, a causa di un cancro provocato dall’amianto. La voce di Gennaro si piega quando parla di lui, e lo sguardo diviene lontano mentre si aggrappa ai ricordi. E’ stato un allievo diligente, benché gli studi siano stati spesso interrotti a causa di una malattia tiroidea che ha compromesso lunghi periodi della sua vita. Un bambino fragile, ma di natura mai schiva né umbratile. Un combattente pacifico, privo di aggressività e ricco di una forza interiore che lo ha spinto ad andare avanti senza sfiacchire il passo, combattendo la malattia sfidandola, affrontandola. Sono un astuto viaggiatore. Quando viaggio tutto ciò che mi circonda non resta indifferente al mio sguardo affamato. Fin da piccolo, ho avuto uno spiccato senso d’osservazione, una sorta di affannosa ricerca che dava un senso a ciò che i miei occhi vedevano. Così ho scoperto mondi non sempre visibili, mondi nascosti, su cui bisogna acuire lo sguardo, su cui vale la pena fermarsi. Ogni volta che i miei occhi si soffermano su qualcosa, come quando osservo l’interno di un fiore con la lente di ingrandimento, per carpire ciò che non si vede a occhio nudo, mille palpiti nel mio cuore fanno vibrare i miei occhi, che poi si inondano di lacrime di gioia che stillano come la rugiada del mattino. Il viaggio più importante fu quello che feci, per motivi di salute, nel treno a lunga percorrenza da Sud a Nord sulla tratta ferroviaria Napoli Zurigo, nel 1975. Avevo 15 anni. Non si trattava di una vacanza, ahimè. Viaggiavo insieme ai miei genitori, che per salvarmi la vita si sono sacrificati senza risparmiarsi. Mio padre era un semplice operaio del cementificio, mia madre una casalinga con quattro figli da crescere. Non era possibile per loro affrontare spese mediche importanti, soprattutto in previsione di un viaggio all’estero. E’ stato il mio cammino più lungo. C’era speranza dentro di me, e la bellezza dell’Italia intorno. Inoltre, ero ansioso al pensiero di quel viaggio che, di certo, è stato il più importante. Gli occhi illuminati da una luce incredibile, irrequieto, non riuscivo a pensare ad altro. Ansioso ed eccitato come ero, sarebbe stato difficile per chiunque staccarmi dal finestrino del corridoio, che con prepotenza rubai allo sguardo degli altri, facendone la mia postazione per tutto il viaggio. Il cuore mi batteva forte, le gambe tremavano dall’emozione. Guardavo fuori. Quel finestrino era il mirino su cui le immagini di paesi, campagne e città, scorrendo una dopo l’altra, rimanevano impressionate nella memoria come istantanee.

Quel viaggio a Zurigo mi ha fatto crescere e diventare uomo. Le immagini di quel giorno sono custodite dentro di me.  Prima che la notte calasse del tutto, avevo intuito che la mia passione sarebbe stata la fotografia. Un anno dopo, avevo tra le mani la prima macchina fotografica. 

Il mio destino era oramai serbato nei miei occhi.

Le immagini lo affascinano, soprattutto quelle nascoste. C’è una ricerca accurata dentro e fuori di sé. Gennaro scatta le foto già nell’immaginazione e quando trova il misterioso oggetto, lo svela al mondo con un click. La bellezza scorre dentro di sé, così come accade in ogni puro artista. E’ una ricerca spasmodica la sua, a tratti ossessiva, che lo costringe a guardare oltre l’immagine. Sono tormento ed estasi ciò che prova nel creare un’opera, qualcosa di unico e speciale che ora vuole condividere con gli altri per affascinare, ammaliare e incuriosire l’osservatore. Tra lui e la macchina fotografica c’è un’intimità, una sorta di carnale intesa, di aspettativa, di amore. E’ un oggetto non oggetto che produce la bellezza nascosta nei suoi occhi, che scopre nuove forme invisibili a un occhio non attento, è il tramite per far arrivare al mondo le sue visioni, le sue emozioni. 

 

“Io la fotografia la interiorizzo, la respiro. Lo scatto è l’ultima azione che compio”

Dice Fusco in un’intervista a Bruno Aymone.

“Il rapporto con la fotografia è intimo, etereo.  L’idea che ho dell’immagine di una fotografia, dalla nascita fino al suo concepimento, è un processo lento, tutto avviene prima dello scatto e successivamente prende vita nella macchina” C’è quindi un passaggio reale tra anima corpo.

Gennaro Fusco ha iniziato fotografando paesaggi bucolici che scorrevano al di là di un finestrino di un treno. Pur non abbandonando mai l’incanto dei boschi della Riserva naturale Cratere degli Astroni, delle Terme che sovente visita per trovare spunto trai giochi dell’acqua, sulla terra viva e lussureggiante, la sua visione muta, diviene raffinata, affascinante. Immagini come evoluzione della vita stessa. Scrutare il piccolo, il particolare, l’infinitesimale, per regalare al fruitore dell’opera la sua immaginazione. L’accuratezza nella ricerca, l’utilizzo dei più svariati materiali, le invenzioni dell’acqua, granelli di sabbia, utensili, trame di stoffe, chiusure lampo, ombre, punti di spillatrice.

Questo materiale, osservato da vicino, da angolazioni particolari, prende forma, nutre la fantasia dell’autore e restituisce all’osservatore una realtà altra. 

 La fotografia, per me, è la conclusione finale, l’esito evolutivo della mia ricerca. Fino a quando non viene scoperta, dopo un’accurata osservazione in post-produzione, è un qualcosa di indefinito, cioè non ancora completamente visibile nella sua interezza. C’è una bellezza della scoperta che si manifesta in me, che mi emoziona e mi fa essere sempre assetato nella ricerca di materiali  diversi, nelle forme e nelle caratteristiche; materiali che possono essere di uso comune, o anche costosi e difficili da reperire. Lo studio, la ricerca e la scoperta sono l’interesse più recondito che mi spinge ad analizzare a distanza ravvicinata la struttura costitutiva dell’oggetto, attraverso le sue forme plastiche e astratte, con l’ausilio e l’uso della luce  e dell’ombra, che creano tridimensionalità. Questo lavoro mi realizza pienamente, ed è quello che mi fa sentire vivo. E’ un nutrimento che a volte sazia e a volte no, è un mare in cui navigo e naufrago, in cui mi perdo totalmente estraniandomi dalla realtà, dal mondo che mi circonda. La mia aspirazione è immergermi nella fotografia astratta scoprendo sempre nuovi mondi e microcosmi. Questo è ciò che mi contraddistingue.

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